COMMEMORAZIONE DI LUIGI GAMBINO
di
Fulco Lanchester
Celebriamo oggi nella Cappella della Università "La Sapienza " di Roma il rito del commiato cattolico per Luigi Gambino.
Lo facciamo alla presenza della sua famiglia naturale(della moglie ,della sorella e dei tre nipoti ,che in questi giorni sono stati esemplarmente presenti accanto al Lui ), ma anche della famiglia spirituale rappresentata dagli allievi e dai colleghi della Sua Università.
Queste due famiglie sono riunite,oggi, nel momento della separazione dalle Sue spoglie mortali, e sono accomunate nel dolore . Rito religioso e testimonianza laica, presenza della famiglia naturale e di quella spirituale si uniscono infatti nel ricordo di una persona mite , riservata,ma decisa , che,fino all’ultimo, ha voluto essere soprattutto un docente universitario.
Queste poche parole di commemorazione e di conforto sono dedicate al docente universitario e solo superficialmente alla sua opera scientifica, che potrà essere ricordata dai suoi colleghi e Maestri in luogo opportuno. Allievo della Facoltà di Giurisprudenza nel Syculorum gymnasium di Catania, Luigi Gambino si era specializzato presso l’Università Pro Deo di Roma, dove aveva incontrato Mario D’Addio, da cui aveva ereditato - me lo ricordava proprio nei primi giorni della malattia che lo ha rapito rapidamente al nostro affetto- la propensione per un severo metodo filologico, tipico dei maestri formatisi nell’immediato dopoguerra . Incaricato stabilizzato ,professore associato e poi ordinario nell’Università di Cagliari dal 1971 ,Gambino era arrivato ufficialmente a “La Sapienza” nel 1992 sulla base di un bando per trasferimento per la terza Cattedra di Storia delle dottrine politiche , su cui la facoltà aveva deliberato il 22 settembre di quell’anno(gli altri candidati erano Luciano Russi e Claudio Vasale). Dall’anno accademico 1992/93 aveva incominciato ad insegnare Storia delle dottrine politiche nella nostra Facoltà e ,dopo l’uscita dai ruoli dei proff. Mario D’Addio, Gaetano Calabrò (che al tempo della sua chiamata era Direttore del Dipartimento di Studi politici) e Claudio Vasale era rimasto l’unico professore di prima fascia del settore scientifico disciplinare SPS02. Qualche anno fa, parlando del suo futuro e di quello della disciplina da Lui insegnata ,mi aveva confessato che sarebbe rimasto in servizio ,nonostante avesse raggiunto il tetto pensionistico, soprattutto per tutelare il metodo che aveva appreso e praticato e per poterlo trasmettere agli studenti . Sono queste,dunque, le due polarità del suo cammino e della sua eredità , unificate in una profonda tensione etica di servizio ,che vista ex-post merita ancor più rispetto ed ammirazione.
Sui contributi scientifici dedicati soprattutto al dottrinarismo politico fra il Cinquecento e il Seicento (ed in particolare sulle sue ricerche su Pierre Gregoire , Enrico Caterino Davila ,Michel de l’Hospital e Turquet de Mayerne) non voglio soffermarmi , ma rilevo che - nella prospettiva di uno scavo sistematico di un periodo cruciale per la formazione dello Stato moderno e delle concezioni che stanno alla sua base - Gambino ha portato un contributo di rilievo per la costanza e la precisione di analisi della trama del dibattito politico costituzionale del periodo .
E’ invece opportuno sottolineare con forza l’esemplarità del suo comportamento di docente dei corsi ordinari e di dottorato e la sua recente attività come Presidente dell’Area didattica di Scienze politiche e relazioni internazionali .
Con gli studenti non si è mai risparmiato. Quando il collega Vasale andò in congedo per ragioni di studio ,Luigi Gambino si sobbarcò i due corsi di Storia delle dottrine politiche e un carico didattico ,che per i mesi degli esami lo costringevano ad essere presente in Commissione dalle otto del mattino sino a sera. Due anni fa lo convinsi a semestralizzare il suo corso (aveva resistito sino all’ultimo all’innovazione sostenendo che la compressione dei tempi impediva la metabolizzazione del programma da parte degli studenti ), ma sapevo che continuava con i seminari anche dopo la fine dei corsi .
Con i ricercatori e soprattutto con gli allievi del dottorato da lui coordinato ha sempre mantenuto un rapporto attento ed affettuoso, che si concretava negli incontri settimanali informali ed in quello ufficiale mensile.
Recentemente era divenuto presidente dell’Area didattica di Scienze politiche e relazioni internazionali ed era molto consapevole della delicatezza del ruolo da lui espletato per la continuità della tradizione della Facoltà nella prospettiva del rinnovamento apportato dall’adesione al DM 270 . Ha condotto la barca dell’Area da Lui presieduta (superando ogni mia aspettativa) con mano ferma ed abile in un clima di rinnovata collaborazione tra tutte le componenti della Facoltà .
Infine, proprio nel mese di Novembre la Facoltà aveva accettato la Sua proposta di bandire per trasferimento un posto di prima fascia per Storia delle dottrine politiche.
Entrato in clinica nella seconda decade di dicembre, il suo unico cruccio era stato quello di non aver potuto salutare i suoi studenti nell’ultima settimana di lezione .In questa prospettiva si era preoccupato di fornire precise disposizioni perché gli stessi fossero informati,così come ha pensato alla programmazione delle più immediate scadenze relative agli insegnamenti del settore scientifico disciplinare.
Durante questo mese abbiamo discusso della solitudine con cui ciascuno di noi deve affrontare l’ultima prova e del coraggio necessario per sostenerla . Egli sosteneva di dover ascoltare il suo corpo, all’interno del quale si stava effettuando una lotta mortale fra le forze del bene e quelle del male, ma fino all’ultimo ha continuato ad agire e a pensare per la Facoltà ,per gli allievi e per gli studenti .Ringrazio affettuosamente Adriano Redler e tutto il personale della terza clinica chirurgica della Facoltà di Medicina I con noi federata , che lo hanno aiutato con dedizione e sensibilità in questo drammatico frangente .
Solo Dio sa cosa gli sia passato per la mente nei giorni prima del trapasso, ma penso che abbia adempiuto a quanto Benedetto Croce osserva nel suo «Dal libro dei pensieri» pubblicato a cura di Giuseppe Galasso (Adelphi,2002) :
“ la vita intera è preparazione alla morte, e non c’è da fare altro sino alla fine che continuarla, attendendo con zelo e devozione a tutti i doveri che ci spettano. La morte sopravverrà a metterci in riposo, a toglierci dalle mani il compito a cui attendevamo; ma essa non può fare altro che così interromperci, come noi non possiamo fare altro che lasciarci interrompere, perché in ozio stupido essa non ci può trovare.”
Luigi Gambino non soltanto ha atteso ai suoi compiti fino alla fine, ma ci ha lasciato anche un mandato cui le due famiglie qui presenti sono sicuro attenderanno con scrupolo e dedizione.