Comunità politica e tecniche della rappresentanza: le premesse per una riforma costituzionale
di
FULCO LANCHESTER
Sommario:1-Una premessa e tre interrogativi. 2-Una risposta generale alle precedenti domande . 3-Democratizzazione e State- building. 4-Le ragioni del caso iraqeno.
1-Una premessa e tre interrogativi -Il mio intervento su Comunità politica e tecniche della rappresentanza: le premesse per una riforma costituzionale nell’ambito della sezione Prospettive territoriali e loro rappresentazioni a livello nazionale necessita obbligatoriamente di una premessa .
Questa riunione sulla revisione della Costituzione iraqena stimola l’interrogativo preliminare se l’Iraq abbia una Costituzione . Ovviamente il problema non è tanto quello se esista in quell’ordinamento una Costituzione in senso documentale, elemento approvato formalmente nel 2005 e sottoposto a referendum popolare confermativo, né se la Commissione per la revisione della stessa istituita l’anno successivo stia facendo o meno un lavoro legittimo . L’esistenza di un testo costituzionale ,seppure redatto ed approvato in situazione eccezionale, è incontrovertibile, così come il lavoro che sta facendo la Commissione,nonostante le bacchettate dell’Esecutivo statunitense del luglio scorso . Tuttavia,a fini conoscitivi ed anche per evitare la situazione surreale di una comparazione con esempi di democrazie stabilizzate o allo stato nascente in contesti molto differenti , a me sembra preliminare invece stabilire due cose che si connettono con il tema generale di questo convegno e , più in particolare , con il mio intervento.
Credo ,infatti, sia necessario chiedersi :
a-in primo luogo ,se in Iraq vi siano ( e non siano semplicemente presunte) le condizioni minime per lo stare insieme ,ovvero se esista una vera e propria comunità politica che possa dare vita ad una Costituzione in senso ideale (e mi riferisco al termine schmittiano) ,fornendo senso alle disposizioni di una Costituzione in senso documentale;
b-in secondo luogo ,accertato che queste esistano anche allo stato minimale, c’è da domandarsi quali siano le strade istituzionali per una politica di riconciliazione o di pacificazione,che renda possibile la implementazione ed uno sviluppo autonomo del testo della Costituzione formale;
c-in terza istanza e su un piano differente , rimane da comprendere per quali ragioni il supporto esogeno , che sta alla base del processo costituzionale , non abbia avuto successo ,riflettendo sull’applicazione della sequenza che ha fatto precedere il momento dell’instaurazione della forma di Stato democratica a quello della ricostruzione dello Stato e dell’amministrazione.
La risposta - anche sintetica - a questi interrogativi preliminari potrebbe impedire alla discussione di assumere il carattere surreale di un’esercitazione astratta , mentre le vittime civili e militari si accumulano per le strade . La rappresentanza politica e le tecniche della rappresentanza presuppongono ,infatti, necessariamente l’esistenza di condizioni minime dello stare assieme e si connettono con la natura dei soggetti coinvolti nel processo di costruzione istituzionale , che viene condizionato fortemente dagli interessi geopolitici delle unità in osservazione .
Una simile premessa non intende escludere l’importanza degli interventi istituzionali , ma li contestualizza opportunamente , cosicché – nel caso di specie- non è detto che le eventuali soluzioni si debbano limitare all’intervento esterno (o alla persistenza dello stesso) di tipo repressivo e/o di supporto alle parti in lotta . Le soluzioni istituzionali della crisi iraqena,nell’ambito di una opportuna politica di riconciliazione,esistono - oltre alle ipotesi federali di diritto pubblico interno - quelle confederali di diritto pubblico internazionale o altre ancora più drastiche di indipendenza delle parti , che non stanno però – per ora - nella disponibilità dei singoli soggetti interni .
2.Una risposta generale alle precedenti domande .
Rispondo in maniera succinta alle domande pregiudiziali.
2.1-Il rapporto società istituzioni – Prima di tutto ,alla base dell'analisi costituzionalistica si pone il rapporto società-istituzioni, che necessariamente fa riferimento alla contrapposizione tra società civile e istituzioni, tipica della letteratura europea. Risulta evidente che la natura della società civile può essere la più differente in relazione a fratture (cleavages) di vario tipo: etnico-linguistico, religioso, di classe, di ceto,ma anche le istituzioni politiche possono funzionare in maniera differente in situazioni socio-culturali diverse .La mancanza di omogeneità minima e sostanziale della società civile impedisce la costituzione di una comunità politica unitaria .In questa prospettiva un regime autocratico dispotico o uno totalitario hanno la possibilità di congelare attraverso il terrore le tensioni tra gruppi di tipo etnico e religioso differente ,mentre in un ordinamento democratico questo non è possibile e solo interessi esterni possono tenere assieme chi assieme non vuole rimanere. D’altro canto i limiti della disomogeneità e delle garanzie che vengono richieste dai gruppi minoritari possono essere misurate attraverso le regole di espressione delle volontà dei singoli e dei gruppi all’interno dei procedimenti di espressione della volontà.
L’esistenza di maggioranze differenziate fino ad arrivare a quelle qualificate ed al veto evidenziano colori differenti di una realtà che passa dal consenso fino al blocco e - volte- porta alla rottura pacifica ed altre a quella armata.
2.2-Costituzione in senso formale e in senso sostanziale- La questione relativa al rapporto tra società e istituzioni si riflette — ovviamente — sulle categorie utilizzate dai costituzionalisti, che normalmente fanno riferimento ai concetti di istituzione, di costituzione, di Stato, di forma di Stato e di forma di governo.In un simile contesto, com'è noto, il sostantivo costituzione possiede una pluralità di significati, che si situano su piani differenziati. In senso molto generale per costituzione si può intendere il corpo di dottrine e di comportamenti che costituiscono il principio fondamentale di organizzazione di un ordinamento, mentre — nell'ambito delle organizzazioni politiche — la costituzione può definire uno specifico documento scritto; in altri un complesso di documenti normativi e di comportamenti.
Per queste note rileva in via principale la contrapposizione tra due differenti interpretazioni della costituzione in senso assoluto evidenziate da Carl Schmitt . Nel senso assoluto (effettivo) costituzione significa: la concreta condizione generale dell'unità politica e dell'ordinamento sociale di uno Stato. La costituzione sarebbe, in sostanza, l'anima, la vita concreta e l'esistenza individuale dell'ordinamento giuridico statuale. Nel senso assoluto (ideale) la costituzione rappresenterebbe un sistema di norme tra loro interconnesse, che richiama la concezione normativista di Hans Kelsen .
Per comprendere il reale assetto di un ordinamento è, dunque, impossibile fare esclusivo riferimento alla costituzione in senso formale, che — d'altro canto — come sostiene Peter Häberle non ha solo un carattere normativo ma è « fondamentalmente espressione dell'autorappresentazione culturale di un popolo » (P.Haeberle). Risulta necessario ricorrere alle teorie sostanzialistiche che tengano conto del reale disporsi delle norme, dei valori e delle regole gioco esistenti all'interno dello stesso al momento della loro promulgazione, verificando l'evoluzione nel tempo dei fattori dianzi citati.
3-Democratizzazione e State- building.
Nell’ambito di una concezione sostanzialistica della costituzione,la tesi che sosterrò è che il processo di ristrutturazione istituzionale di un ordinamento è condizionato dalla situazione geopolitica in cui esso si situa ed ha maggiori possibilita di successo sul lato dell’instaurazione e dello sviluppo democratico quanto più una società è omogenea e quanto più l’eventuale innovatore esterno é a sua volta unitario nella prospettazione e nell’applicazione dell’intervento. In questa specifica prospettiva il (ri)stabilimento di libere istituzioni rappresentative in un ordinamento sconfitto e/o liberato può essere frutto di una azione endogena, più o meno contrattata, proveniente sia dall’alto che dal basso. Oppure provenire da una azione esogena dall’alto di tipo monopolistico o di tipo plurali- stico.
Il recente caso iraqeno possiede per alcuni aspetti singolari analogie e rilevanti differenze con quello dei tre ordinamenti dell’Asse(Germania,Italia e Giappone),anche se l’Italia — a causa del- l’armistizio e della successiva cobelligeranza — ha avuto un per- corso ricostruttivo piu simile a quello francese il cui status di vincitore e da attribuire in gran parte alla tenacia di De Gaulle, mentre la Germania nella parte occidentale e tornata alla democrazia sulla base di una azione guidata di tipo pluralistico, con egemonia statunitense. Il Giappone, infine, sulla base di una specificità storica e geopolitica e stato trasformato in maniera esogena e sostanzialmente monopolistica.
Il tema della ricostruzione istituzionale possiede tuttavia una singolare attualità se lo si inserisce nell’ambito del dibattito contemporaneo sulla democratizzazione degli ordinamenti autoritari che si e avuto dagli anni Settanta in poi e del problema del rapporto tra civili e militari nel momento della (ri)fondazione del sistema.
Lo stato geopolitico, il ruolo delle potenze vincitrici che si definiscano o siano considerate occupanti o liberatrici, il rapporto con i soggetti interni e la situazione della società civile ed il livello di strutturazione dell’apparato burocratico costituiscono un coacervo tematico che deve essere approfondito sopratutto sul lato Usa, poiché negli ultimi 65 anni questa e l’unica potenza che e rimasta coerente nell’azione costituzionale guidata.
In questa prospettiva per Niall Ferguson, che prima aveva analizzato anche la vicenda britannica, gli Usa si sarebbero mossi — nei circa due secoli che ci separano dalla dichiarazione Monroe — sulla base di una ideologia incrementale dell’imperialismo antimperialista . In particolare Ferguson — da un lato — ha fatto suo il giudizio di Moritz Julius Bonn, amico e mentore di Carl Schmitt nell’Università di Monaco, per cui gli Usa ‘‘erano stati la culla del moderno anti-imperialismo e, nello stesso tempo i fondatori di un grande impero’’ ; dall’altro ha affermato che l’opera sistematica di avvio alla ricostruzione costituzionale degli ordinamenti sconfitti nasce proprio nei confronti di due delle tre potenze dell’Asse e poi di altri ordinamenti. Questo preciso sviluppo viene confermato dalla recente opera di James Dobbins et al. per la Rand Corporation , che evidenzia un preciso indirizzo di esportazione della democrazia e delle istituzioni statuali, che in ambito contemporaneo sono state pubblicizzate dallo State building di Francis Fukuyama .
L’opera di Dobbins ci dice — limitando anche lui l’intervento alla Germania ed al Giappone — che ‘‘il successo di queste imprese dimostra che la democrazia era trasferibile, che le societa possono, sulla base di specifiche circostanze, essere incoraggiate a trasformare se stesse, e che queste maggiori trasformazioni possono durare’’ . E evidentemente una visione un po’ ingenua quella operata nel proseguo dell’opera di comparare i casi di ordinamenti ‘‘avanzati’’ come quelli tedesco e giapponese con situazioni limite come quelle somala, haitiana, kossovara o afghana, cosı come — ma questo viene riconosciuto apertamente — le problematiche post-guerra fredda sono ben differenti da quelle scaturite dal secondo conflitto mondiale.
E quindi piu apprezzabile ed utile ai miei fini la distinzione operata da Fukuyama che in realta divide gli interventi esogeni, da un lato, in azioni volte alla costruzione dello Stato, con l’esportazione di un apparato burocratico efficiente; dall’altro, in azioni volte al cambiamento della base di legittimità . Nel primo caso si tratta di un trasferimento di mera capacità amministrativa; nel secondo di cambiamento di base di legittimità dall’autoritarismo alla democrazia. Ciò che avvenne in Germania ed in Giappone fu, dunque, sopratutto democratizzazione, perche la struttura burocratica non mancava di certo in quegli ordinamenti. Le scelte relative alla forma di Stato e di governo furono quindi applicate in maniera efficiente da un ceto politico opportunamente selezionato e da personale burocratico adeguato.
In questa specifica prospettiva e risultata — dunque — più difficile una simile manovra in ordinamenti dove il controllo del vincitore e stato inferiore e non monopolistico. La natura dei vincitori e quella dei vinti e le circostanze in cui si sono sviluppati i loro rapporti hanno evidenziato dunque tutta la loro incisività nell’ambito della vicenda della stessa cosiddetta seconda ondata di democratizzazione (8), mentre nella situazione attuale l’esportazione della democrazia rischia di assumere aspetti piu complessi con una mera enunciazione retorica di principi.
D’altro canto la stessa teoria contemporanea dello State — building può — appunto — limitarsi ad introdurre la citata mera capacità amministrativa. Ne consegue un ‘‘realismo’’ democratico, che rischia di apparire addirittura come la recessione dello stesso principio con l’adozione di teorie dello sviluppo, per cui le istituzioni democratiche sono esportabili sono in ordinamenti con precise caratteristiche ed in ogni caso attraverso l’utilizzazione sempre più intensa della delega. E questa la ricetta Faared Zakaria , che in realtà sembra una regressione nell’ambito di quella che Crouch chiama post-democrazia o Dahrendorf ‘‘dopo la democrazia” .
Tuttavia sulla base di una opportuna analisi storica Ferguson ci dice qualcosa di piu sopratutto sul lato di uno dei vincitori, poi superpotenza bipolare ed oggi dominatrice unipolare, ma senza egemonia. Egli evidenzia, infatti, in modo opportuno come l’e- sportazione della democrazia — anche se i profili istituzionali pos- sono essere adeguati ai singoli contesti di applicazione — costitui- sca una ricetta ideologica di lunga data per gli Usa, e con solide radici nell’esperienza ottocentesca del conflitto contro il Messico e poi della guerra contro la Spagna, per arrivare, con il 900, al caso Filippine, dove significativamente aveva operato in contrasto con William Howard Taft il padre di Douglas MacArthur Arthur.
4-Le ragioni del caso iraqeno .
Vediamo quale è la situazione iraqena ,lasciando sullo sfondo la situazione dell’area mediorientale ed il giudizio sulla dinamica della stessa nell’ultimo trentennio. In questa prospettiva mi basta dire che sono d’accordo con l’analisi effettuata dalla Chatham House alcuni mesi fa .
Riassumo la situazione per punti.
•Si tratta di una società civile frammentata per ragioni etnico-religiose e con la persistenza di una struttura di tipo tribale.
•Le tensioni all’interno della società civile erano state apparentemente congelate dalla dittatura sadammista .Al crollo del regime ha corrisposto la emarginazione sunnita ,la radicalizzazione sciita e l’indipendentismo curdo , con il riapparire di tutte le contraddizioni di un processo di formazione dello Stato nazionale non completato.
•L’intervento esogeno degli Usa non è riuscito ,nonostante fosse sostanzialmente monopolista a gestire la pacificazione e la ricostruzione istituzionale .
•La destrutturazione dello Stato apparato è stata improvvidamente effettuata attraverso una indiscriminata dismissione dei quadri dell’amministrazione civile e militare collegata con il partito Baha’at.
•Ciò ha provocato -assieme al fondamentalismo shiita - l’insorgere di una guerra civile sovrapposta ad una guerra di resistenza nazional - tribale.
•La vicenda costituzionale è stata tormentata e caratterizzata, prima, da un governo provvisorio, diretta espressione dell’occupante Usa,poi da formazioni espressione delle parti presenti nell’arena.
oLa C.P.A. (Coalition Provisional Authority ), insediatasi il 21 aprile 2003, ha visto la sostituzione inopinata del presidente James Garner, sostituito da Paul Bremer nel maggio 2003 proprio per dissapori sulla epurazione .
oLo Iraqi Interim Government ,creato a fine giugno del 2004 come governo provvisorio ,ha poi ceduto il passo all’ Iraqi Transitional Government,istallato a seguito della elezione dell’Iraqi National Assembly della fine gennaio 2005,che ha approvato la vigente costituzione.
oLa nuova Assemblea nazionale ,eletta nel dicembre 2005,ha avuto vita travagliata , cosicchè il nuovo Governo- a scapito del testo costituzionale, ha dovuto aspettare il raggiungimento di un difficile accordo tra le parti,che ha visto anche la partecipazione di una delle formazioni sunnite.
oLe vicende che hanno portato alla formazione del governo Maliki nel maggio 2006 evidenziano le difficoltà sostanziali di un ordinamento in cui il contesto e i soggetti sono di tipo liminare per un normale ordinamento e per l’applicazione di regole costituzionali .
5-Il testo costituzionale e la sua revisione- Già in occasione del referendum per l’approvazione della Costituzione si è dimostrato come la stessa sia un documento incompleto per quanto riguarda decisioni di tipo strategico e il fatto che siano stati aggiunti articoli in progress (in particolare il 142 sulla procedura di revisione che mette da parte la procedura di cui all’art. 126 ) ne è una dimostrazione,così come la debolezza sostanziale del referendum confermativo .L’art. 142 attribuisce ad un Comitato del Consiglio dei rappresentanti ,che è stato nominato nel settembre dell’anno scorso , il compito di proporre emendamenti,alcuni dei quali sono stati avanzati nel maggio scorso.
L’ordinamento è caratterizzato da una forma di Stato teoricamente democratica , ma senza reali garanzie del vivere civile.Il tipo di Stato non risulta ancora definito e in realtà ondeggia tra federazione e confederazione.Il sistema elettorale nazionale è di tipo speculare , basato su formula proporzionalista. La forma di governo è parlamentare ed il sistema dei partiti è frammentato e centrifugo.
In una situazione di tal fatta la discussione il Comitato non poteva fare molto e lo ha sostanzialmente dichiarato nel documento del 23 maggio u.s. . Al centro della discussione, che supera il Comitato e la stessa Camera rappresentativa, si pone il problema della stessa forma di Stato ed in particolare il tema del rapporto centro periferia ,strettamente connesso con il tema della legge sul petrolio . Non è un caso che la stessa amministrazione Bush nel luglio scorso abbia messo in evidenza l’importanza strategica dell’argomento nei punti fermi per il ritiro delle truppe statunitensi . In realtà il documento pare contraddittorio perché da un lato considera soddisfacente la formazione di regioni semiautonome e , ma nello stesso tempo sottolinea come per quanto riguarda la legge del petrolio i sunniti siano restii ad accettare un compromesso che li vedrebbe in sostanza perdenti .
La questione è complessa è si connette sia con la formazione di territori regionali al nord ed al sud ( con l’ipotesi di due aree sciite). Il timore sunnita che le royalties petrolifere non vengano redistribuite , con la loro conseguente emarginazione , è una realtà che la proposta di revisione degli artt. 111 e 112 della Cost. da parte della Commissione non riesce a contrastare. Gli artt. 114 e 115 della Cost. lasciano per di più la possibilità di interpretazioni che vanno dalla federazione alla confederazione. La proposta di legge sul Consiglio federale investe il procedimento legislativo ed il ruolo delle due Camere,alzando la maggioranza per il superamento del dissenso della Camera federale ai due terzi. Una simile eventualità è esemplare delle difficoltà della coesistenza fra le parti ed evidenzia i possibili pericoli di blocco . Tuttavia mi chiedo dal punto di vista costituzionalistico come in un sistema bicamerale il Consiglio federale (e mi riferisco all’art.15) possa sottoporsi all’approvazione del proprio budget annuale all’altra Camera.
Per quanto riguarda il problema del sistema di elezione del Consiglio federale nei primi articoli della proposta avanza dalla Commissione non si parla se non per ribadirne il carattere diretto da parte del Corpo elettorale e la quota per ogni governatorato di 4 membri (Baghdad ne ha 8) che porta il collegio ad una somma di 76 membri . Respinto quindi il modello Bundesrat la questione della rappresentatività del Consiglio federale si sposta nell’ambito della composizione delle regioni ,punto dolente e non risolto della contesa . Le dimensioni del collegio e il tipo di meccanismo adottato dalle singole unità per selezionare i membri dello stesso sono troppo incerte per poter fornire un giudizio ponderato.
D’altro canto la legge sulle regioni ,approvata nell’ottobre del 2006, fornisce la possibilità di creare regioni da due o più governatorati o da due o più regioni . Una simile previsione apre in realtà scenari che possono portare verso il federalismo,la confederazione e l’indipendenza.
Ma ovviamente la questione si collega con il vero punto centrale della costituzione materiale iraqena: la questione del petrolio . Il progetto redatto dal Comitato Oil and Energy del council of Ministers nel febbraio di quest’anno cerca di risolvere i problemi lasciati volutamente aperti dal testo costituzionale. Nel preambolo allo stesso progetto si dichiara ufficialmente che “ gli introiti del petrolio e del gas rappresentano la base più importante per la ricostruzione e lo sviluppo del paese e dell’economia iraqena… tenendo conto gli obiettivi della Costituzione ,inclusi l’unità della Repubblica ,la natura esauribile del petrolio e il mantenimento dell’ambiente”. E’ evidente che l’art. 1 del progetto non risolve la questione quando afferma che “petrolio e gas sono proprietà di tutto il popolo dell’Iraq in tutte le regioni ed i governatorati “ . La ripartizione delle risorse ricavate dal petrolio è essenziale per individuare la possibilità dello stare assieme in Iraq ed il proposto Federal Oil and gas Council rischia di divenire più importante del Consiglio federale.
Un simile coacervo tematico evidenzia come sia difficile la soluzione dei problemi istituzionali iraqeni,anche in considerazione della situazione geopolitica dell’area.
E’ evidente che molto è attribuito alla volontà di conciliazione dei soggetti :le istituzioni costituiscono solo uno degli elementi di selezione delle opportunità ed aiutano a risolvere problemi,anche se a volte possono complicarli.